Mercato finanziario prudente in attesa dei dati di settembre
Mercato Azionario
Nella scorsa ottava, abbiamo assistito a un'inversione di tendenza nei mercati finanziari, contrariamente a quanto accaduto in passato. Dati economici negativi avevano sorprendentemente portato a rialzi nelle borse, con la prospettiva di una politica monetaria meno restrittiva da parte delle banche centrali, in particolare la Federal Reserve americana.
Tuttavia, nella settimana appena conclusa, questo scenario si è capovolto a causa di dati macroeconomici positivi negli Stati Uniti, soprattutto per quanto riguarda il mercato del lavoro. Questi dati hanno riacceso l'idea che potrebbe essere necessario aspettare ancora prima di vedere segnali di una riduzione dei tassi d'interesse.
Questa situazione è stata particolarmente rilevante per Wall Street, che continua a oscillare tra speranze di mantenimento del momentum economico attuale, caratterizzato da un'economia ancora robusta e benefici per le aziende, e il timore di un surriscaldamento dell'economia, con l'inflazione come indicatore critico. Dopo il rimbalzo dai minimi di agosto, è possibile che ci fosse bisogno di ulteriori motivazioni per consolidare questo recupero, che ha sorpreso molti per la sua intensità e rapidità.
Va notato che settembre è tradizionalmente un mese ricco di eventi che possono influenzare i mercati finanziari, quindi è comprensibile che gli investitori siano cauti.
Per quanto riguarda gli indici, il MSCI World (globale) ha chiuso l'ultima settimana con una moderata diminuzione del 1,3%. Settembre ha confermato la sua reputazione di mese volatile, ma bisogna sottolineare che il rendimento dall'inizio dell'anno rimane positivo, con un aumento del 15%.
In sintesi, il mercato finanziario è stato influenzato da dati macroeconomici altalenanti e da incertezze sul futuro, mentre gli investitori tengono d'occhio una serie di eventi in arrivo che potrebbero avere un impatto significativo sulle borse.
Mercato Obbligazionario
La settimana scorsa, gli investitori erano incerti a causa di una promettente diminuzione dei rendimenti, che però è stata in gran parte annullata da un successivo aumento.
Da quei livelli, i rendimenti sono nuovamente saliti, continuando il trend rialzista che dura ormai da aprile/maggio. Questo aumento non è casuale: inizialmente c'erano preoccupazioni per il settore bancario americano e si mormorava persino di un possibile cambiamento nella politica monetaria della Federal Reserve (FED).
Tuttavia, dopo le misure adottate per affrontare la situazione e considerando la forza dell'economia americana, i rendimenti hanno ripreso a salire.
Il rendimento del decennale USA è ora al 4,26%, con un aumento di 9 punti base, e c'è stata una tendenza generale verso l'alto lungo la curva dei rendimenti.
Il trend rialzista rimane quindi valido nel medio termine, e solo un ritorno al di sotto del 4% potrebbe frenare la corsa dei tassi. Anche il rendimento del titolo a 30 anni si è avvicinato ai massimi di metà agosto, chiudendo al 4,34%, e mantiene una tendenza rialzista.
Nel breve termine, la situazione appare più moderata e sembra che il mercato stia seguendo da vicino le indicazioni della Federal Reserve riguardo ai livelli futuri dei tassi d'interesse. Il 5,50% è già un livello che soddisfa gli investitori, soprattutto considerando la recente moderazione dell'inflazione, che a luglio si è attestata al 3,2%. Di conseguenza, il rendimento dei titoli a due anni si mantiene intorno al 5%, prevedendo un lieve allentamento della politica monetaria americana nel prossimo futuro, come previsto dal presidente Powell.
Tuttavia, la parte lunga della curva dei rendimenti è meno prevedibile per gli investitori. La prospettiva di un calo dei tassi di interesse sembra concreta solo in caso di gravi problemi nell'economia americana. In assenza di tali problemi, ci sono fattori che spingono verso l'alto i rendimenti, come la necessità di finanziare il debito elevato degli Stati Uniti, che stanno aumentando il deficit per sostenere l'economia e progetti a lungo termine come quelli infrastrutturali e di transizione energetica. Se il mercato percepisce un maggiore rischio e richiede una maggiore remunerazione, potrebbe ancora esserci un aumento dei tassi a medio-lungo termine.
Per quanto riguarda il mese di settembre, sembra che ci sia una probabilità molto bassa di un intervento della Federal Reserve (appena il 7%), ma le probabilità aumentano notevolmente nel meeting di inizio novembre (48%). In sintesi, sembra che il picco dei tassi d'interesse sia vicino, ma la vera incognita riguarda la loro stabilità a questi livelli nel futuro.
Nell'Eurozona, la situazione è piuttosto confusa e persino all'interno della Banca Centrale Europea (BCE) vi sono opinioni divergenti. Durante la settimana, il presidente della Bundesbank, Jens Nagel, ha chiarito la sua posizione: il percorso dei tassi di interesse non è ancora definito, ed è prematuro prevedere cambi di direzione. La BCE si trova in una situazione difficile, poiché è lontana dal raggiungimento del suo obiettivo di inflazione (superiore al 5%, mentre il target è del 2% entro il 2025) e sta affrontando le sfide economiche della Germania.
Il meeting della BCE di settembre è aperto alla possibilità di interventi (con il 38% di probabilità), così come quelli dei mesi successivi (con il 62% di probabilità). Nel frattempo, il rendimento del Bund decennale tedesco è aumentato (2,61%, +9 punti base), così come il rendimento dei titoli di stato periferici, come i BTP italiani a 10 anni (4,35%, +11 punti base). I mercati obbligazionari, sia negli Stati Uniti che in Europa, hanno vissuto una settimana difficile, influenzando anche i titoli corporate investment grade.
Materie Prime
L'indice generale delle materie prime ha rallentato la sua crescita dopo le segnalazioni positive delle settimane precedenti, ma questa volta non è colpa del petrolio, che continua a salire (87,5$, +2,3%) a causa dei tagli alla produzione e ai cali delle scorte. Tuttavia, i metalli industriali non riescono a invertire il loro trend negativo, registrando una diminuzione del 3% e un calo del 14,9% dall'inizio dell'anno. I dati macroeconomici positivi hanno rafforzato il Dollaro, rendendo meno attraente l'oro (1.919$, -1,1%), che continua a muoversi senza una chiara direzione.
Il cambio EUR/USD è sceso sotto quota 1,08, portando a un ulteriore calo (a 1,07), mettendo a rischio il trend di rivalutazione dell'euro iniziato lo scorso ottobre. Nel complesso, il Dollaro è rafforzato dalla settimana macroeconomica. Gli altri cambi valutari sono misti, con una generale debolezza delle valute emergenti. Nel frattempo, il Bitcoin è rimasto stabile (+0,5%) tra 25.000 e 26.000 dollari, livelli cruciali per evitare ulteriori cali.
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