Rally di fine anno?
Il 2023 si è concluso con un'impennata nei mercati finanziari, testimoniata da un incremento simultaneo nei valori dei mercati azionari e obbligazionari.
Questo fenomeno ha evidenziato una correlazione sempre più forte tra queste due principali categorie di asset, raggiungendo livelli mai visti in quasi 25 anni.
Questa forte correlazione positiva segna una netta inversione di tendenza rispetto agli ultimi dieci anni ed è influenzata dal contesto macroeconomico attuale. Fattori come l'alta inflazione e i tassi di interesse reali elevati, giocano un ruolo chiave in questo scenario.
Nonostante il 2023 abbia visto una normalizzazione dell'inflazione e un avvicinamento verso la normalizzazione della politica monetaria, prevedere un cambiamento drastico per il 2024 con una riduzione dell'inflazione potrebbe essere prematuro.
Pressioni inflazionistiche, seppur dormienti, rimangono nel panorama economico.
Per esempio, il mercato del lavoro negli Stati Uniti mantiene potenziali pressioni inflazionistiche, come dimostrato dalla sorprendente crescita dei salari reali del +4,1% a dicembre, superiore alle previsioni del +3,9%, inoltre le complicazioni geopolitiche in Medio Oriente potrebbero condizionare negativamente il processo inflattivo.
In aggiunta, il 2024 sarà un anno elettorale negli USA, e la corsa alla presidenza è più che incerta.
La strada per i mercati finanziari nel 2024 è tutta da scoprire.
Mercati finanziari 2024
Mercato azionario
Come spesso succede, l'euforia dei mercati di dicembre ha lasciato spazio a una fase di ribilanciamento, con le borse che hanno mostrato correzioni varie. L'ottimismo eccessivo che aveva caratterizzato le ultime settimane del 2023, e che aveva visto una crescita allineamento delle diverse asset come azioni, obbligazioni, oro ed Euro, ha iniziato a sfumare.
Questa tendenza unificata dei mercati aveva le sue radici in una causa comune, legata ad un posizionamento di mercato eccessivamente incline a sfruttare al massimo l'effetto positivo dei primi segnali di rilassamento comunicati dalle banche centrali, in particolare da Jerome Powell.
Tali dinamiche sono ormai innate nel comportamento del mercato, influenzate dall'uso intensivo di leva finanziaria e strumenti derivati.
Posizionamenti di mercato di questo genere possono portare a volatilità e cambi di direzione improvvisi, con investitori che si trovano a dover chiudere velocemente posizioni ribassiste o a reagire a segnali provenienti da algoritmi, spesso senza un'adeguata valutazione dei fondamentali o degli scenari futuri.
Dopo un 2023 che si è chiuso con guadagni eccezionali, sia per le azioni sia per i bond, è iniziata una fase di realizzo dei profitti, particolarmente marcata dove i guadagni erano più consistenti. Il punto di svolta si è verificato con precisione, scatenato sia da variabili di politica monetaria (come la pubblicazione dei verbali dell'ultima riunione del FOMC degli USA) sia dai dati macroeconomici attesi per la settimana.
Il mercato, quindi, ritorna a quel motivo ricorrente delineato dalla Fed stessa per definire il percorso dei tassi d'interesse: essere dipendenti dai dati.
Le piazze finanziarie statunitensi hanno registrato performance più deboli rispetto ad altre parti del mondo, in particolare a causa del crollo dei titoli tecnologici, con i semiconduttori in testa.
L'S&P 500 e il Nasdaq hanno concluso la prima settimana con un deficit rispettivamente dell'1,5% e del 3,1%, appesantiti inoltre dal calo di Apple, che ha subito un downgrade a seguito del calo delle vendite nel mercato cinese, dimostrando come gli effetti negativi possano propagarsi anche senza investimenti diretti in quella regione.
L'Europa ha registrato lievi perdite, mentre i mercati emergenti hanno invertito la tendenza, perdendo il 2,1% dopo brevi recuperi alla fine del 2023.
L'S&P 500 ha subìto un calo proprio quando sembrava pronto ad attaccare i massimi storici, ora alla ricerca di un supporto tecnico dove poter stabilizzare la tendenza e rendere i prezzi nuovamente attraenti. I flussi di capitale si sono spostati verso settori più difensivi, mentre i tecnologici, sensibili alle dinamiche dei tassi e vulnerabili in termini di multipli di valutazione, hanno subìto cali.
La crescita economica e il mercato del lavoro sono stati i temi macroeconomici chiave della settimana.
Negli Stati Uniti, i dati relativi al mercato del lavoro sono stati complessivamente positivi, con cifre relative ai sussidi di disoccupazione inferiori alle stime e numeri sull'occupazione superiori alle aspettative. L'incremento dei salari orari suggerisce che la cautela della Fed è ancora giustificata, dato che la crescita su base annua supera il 4%. Le analisi nel settore servizi sia nella manifattura, sono state invece deludenti.
Ciò ha generato volatilità sui tassi d'interesse, aggiungendo pezzi a un puzzle economico la cui soluzione non è immediatamente evidente.
Mercato Obbligazionario
I verbali dell'ultimo incontro della Federal Reserve hanno fornito pochi elementi nuovi rispetto alle riunioni precedenti, ma ciò che è cambiato significativamente è la percezione degli investitori.
A dicembre, il mercato aveva anticipato un allentamento rapido e marcato della politica monetaria. Sebbene la maggior parte dei membri del FOMC preveda una riduzione del costo del denaro per il 2024 (nonostante alcune opinioni contrarie), i tempi di tale politica rimangono incerti e non definiti.
La posizione restrittiva della Fed continua, così come l'intenzione di attendere e analizzare i dati prima di compiere mosse verso il ribasso dei tassi, dopo aver raggiunto un livello che si ritiene efficace nel contrastare e controllare l'inflazione, principale preoccupazione per Powell e il suo team. Esaminando le stime implicite sui rendimenti, il mercato prevede ancora, seppur con minor convinzione, circa sei tagli dei tassi entro la fine del 2024, contro i tre suggeriti dalla Fed.
Era plausibile aspettarsi un rimbalzo tecnico per i rendimenti dei bond a medio-lungo termine dopo il calo protratto da metà ottobre.
Questo incremento ha portato a risultati negativi sia per i titoli di stato sia per i titoli corporate, che avevano comunque registrato significativi aumenti a dicembre. Simile a quanto sta avvenendo nel mercato azionario, si sta verificando una fase di consolidamento, influenzata principalmente dalle aspettative riguardo alla politica monetaria della Fed e della BCE e, in sottofondo, dall'andamento dei dati macroeconomici e degli utili aziendali.
Materie prime
Si è verificato un calo piuttosto diffuso nel mercato delle materie prime, con alcune rare eccezioni. L'oro ha subito un leggero arretramento, con un calo dello 0,9% a 2.046 dollari, affievolito dalla forza del dollaro e dall'aumento dei tassi reali. I metalli industriali hanno mostrato un andamento decisamente negativo, influenzati dal persistente sentiment sfavorevole riguardo all'economia cinese. Il petrolio, per contro, ha evidenziato una tenuta positiva, crescendo del 3% a 74 dollari, ricevendo impulso dalle preoccupanti notizie provenienti dal Medio Oriente, dove la prospettiva di una soluzione definitiva del conflitto sembra ancora distante.
Valute
Per quanto riguarda il cambio Euro-Dollaro, la soglia di 1,10 si è rivelata difficile da superare, dato che l'entusiasmo per un possibile allentamento della politica monetaria statunitense si è esaurito. In aggiunta, la dimostrazione di resilienza dell'economia americana ha spinto il cambio verso un valore di chiusura a 1,094, con un calo dello 0,9%.
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