La BCE desta scompiglio.
Ieri giornata difficile per i mercati. Dati macro e meeting delle banche centrali, hanno generato molta tensione sugli indici delle borse EU e USA.
Mercoledì durante il meeting di fine anno la Fed si è dimostrata più aggressiva delle attese e Wall Street ne ha risentito, chiudendo moderatamente negativa (S&P 500 -0.61% Nasdaq 100 -0.79%).
Powell è stato particolarmente falco con il suo sottolineare gli sbilanci del mercato del lavoro e i rischi connessi al rallentare la politica monetaria restrittiva troppo presto.
Visto l’atteggiamento hawkish, ci si sarebbe potuto aspettare un ribasso dei mercati più marcato, tuttavia il mercato ha snobbato la view Fed, rimanendo ancorato alla prospettiva di un target finale per i tassi USA sotto il 5%, con un paio di tagli da 25 bps entro la fine del 2023. In altre parole, il mercato non crede che la Fed potrà proseguire quanto ha in programma.
EUROPA & USA
Giornata campale per le borse europee, con la BCE che ha generato reazioni negative spingendo le borse europee a chiudere con ribassi superiori al 3%.
Ma andiamo per gradi.
Ieri le Banche Centrali di Svizzera, Norvegia e Regno Unito hanno alzato i tassi come da programma, rispettivamente di 50 bps, 25 bps e 50 bps.
L’evento principale della giornata è stato il meeting BCE, dove è stato deciso, un ulteriore aumento dei tassi di 50 bps, che ha portato i tassi al 2%, nuovo massimo dal 2008.
Tutto secondo le attese, ma subito dopo è arrivato il primo shock per i mercati, con la definizione delle politiche monetarie per il prossimo futuro.
Nel documento è stato indicato che:
i tassi devono salire ancora "significativamente ad un passo stabile" per permettere il ritorno dell'inflazione al target
il bilancio ECB inizierà a essere ridotto da marzo, al ritmo di 15 bln mese per un trimestre, per poi ricalibrare i volumi
Le stime di inflazione sono state riviste al rialzo, indicando un 6,3% per fine 2023, un 3,4% nel 2024 e un 2,3% nel 2025
Nei prossimi due trimestri l’economia potrebbe contrarsi significativamente
Le conseguenze di questa View, peggiore rispetto alle aspettative del mercato, sono state un immediato calo del comparto azionario e un forte incremento dei rendimenti obbligazionari.
La Lagarde ha poi rincarato considerevolmente la dose:
Il target di rialzo dei tassi è più vicino al 4% che al 3% stimato fino ad ora
l’inflazione potrebbe diminuire a dicembre, ma salire nuovamente nei primi mesi del 2023, quindi i rischi di inflazione sono sostanzialmente al rialzo e quelli di crescita economica al ribasso.
L’aggressività della Lagarde ha sorpreso i mercati, che sicuramente non si attendevano tutto questo impegno restrittivo soprattutto di fronte ad un quadro macroeconomico fortemente indebolito e di prossima recessione.
E’ vero che l’inflazione europea è a doppia cifra e non sta dando segnali di diminuzione come quella americana, ma questa è una non notizia (i dati sono chiari già da tempo) e visto che l’economia sta entrando in recessione, non sembra proprio il momento per allarmarsi sull’inflazione.
I dati macro Usa del pomeriggio hanno poi peggiorato il quadro, portando la chiusura dei mercati EU e USA in forte ribasso.
Pesanti le commodities, con il petrolio che tiene meglio del resto e il gas USA che è tornato a salire con forza.
ASIA
I dati macro cinesi pubblicati l’altra notte hanno mostrato segnali di debolezza, con un aumento del tasso di disoccupazione, la diminuzione dei livelli di produzione industriale e il calo dei prezzi immobiliari.
Di fronte ad un quadro economico complessivo in peggioramento il Governo cinese ha deciso di abbandonare la politica zero covid. Questa scelta sta dando stimoli all’attività ma porta con sé l’aumento dei contagi con conseguenti problemi di affollamento degli ospedali.
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