Anche gli inglesi ci mettono del loro
La chiusura del trimestre porta con sé ancora debolezza su tutte le asset class, denotando uno scenario che continua ad essere ostile per gli operatori. Nonostante la buona partenza di luglio, il mese di settembre si è rivelato tra i più negativi dell'anno.
Le ultime sedute, tralasciando qualche rimbalzo, dovuto al raggiungimento dei livelli di minimo visti a giugno, sono state influenzate negativamente dalle notizie provenienti da UK e Russia (annessione Donbass), che hanno e stanno generando ulteriore tensione sia per l'area azionaria, sia per quella obbligazionaria.
Con molta probabilità, lo stress che domina il mondo obbligazionario sta esercitando un'influenza determinante anche sui movimenti delle altre asset class.
Ciò è stato confermato da quanto accaduto ai bond inglesi e alle misure che la Bank of England ha dovuto attivare per evitare un effetto contagio dalle conseguenze poco prevedibili.
Una vera e propria emergenza causata dalla relazione fatale tra una politica fiscale molto aggressiva, operata dal governo Truss (con obbiettivi di rilancio dell’economia e attuata con nuovo debito....tanto!), e l'operato della Bank of England focalizzato, invece, sull'aumento dei tassi di interesse per restringere la base monetaria e contenere l'inflazione.
Il risultato è stato un sostanziale corto circuito che ha spinto gli operatori a vendere i titoli di Stato britannici, mossi dall'aspettativa di minori rendimenti reali e dal fatto che le misure del governo avrebbero aumentato ulteriormente l'inflazione, e forzato perciò, la BoE ad aumentare con più forza i tassi di interesse.
Questi forti movimenti di vendita di titoli denominati in sterline, hanno determinato un calo di domanda di moneta nazionale e di conseguenza il crollo della valuta, che ha costretto la BoE ad intervenire, acquistando titoli di stato, per garantire la stabilità finanziaria.
Questa situazione ha provocato un effetto domino che ha contagiato e fatto schizzare i rendimenti dei titoli di stato anche degli altri paesi della zona euro.
A livello di numeri, settembre è stato un mese difficile per il mercato azionario: l'S&P 500 e il Nasdaq hanno chiuso con cali tra il 9% e il 10%, l’Europa si ferma a circa - 6% e, peggio di tutti, gli emergenti con un -12%.
Le quotazioni si sono avvicinate ai minimi di giugno, con sensibili livelli di ipervenduto. Ne deriva, che a questi livelli, potremo assistere ad una fase di rimbalzo, anche rilevante, a patto che vi sia un rallentamento temporaneo, nella salita dei rendimenti.
L'inflazione nella zona Euro si attesta a livelli record (siamo al 10% in Europa).
Negli USA invece i dati macro continuano a rappresentare una discreta forza complessiva dell’economia. Ci sono comunque elementi in rallentamento, ma senza una direzionalità definita.
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